L’art. 374 c.p. recita: “Chiunque, nel corso di un procedimento civile o amministrativo al fine di trarre in inganno il giudice in un atto d’ispezione o di esperimento giudiziale ovvero il perito nella esecuzione di una perizia, immuta artificiosamente lo stato dei luoghi o delle cose o delle persone, è punito, qualora il fatto non sia preveduto come reato da una particolare disposizione di legge, con la reclusione da uno a cinque anni”.
La norma è diretta a tutelare la genuinità delle fonti tramite le quali si fonda, o si può fondare, il convincimento del giudice in ordine a determinati elementi di prova.
Il reato si integra con l’artificiosa alterazione, o trasformazione materiale, dello stato dei luoghi, delle cose o delle persone, allo scopo di trarre in inganno il giudice nel corso delle ispezioni giudiziali, degli esperimenti giudiziali, ovvero nell’espletamento delle operazioni peritali. Questa elencazione è tassativa, non potendosi, dunque, estendere ad altri momenti processuali.
Data la specifica connotazione del reato (‘reato di pericolo’), l’alterazione, o l’immutazione, artificiosa non deve necessariamente trarre in inganno il giudice essendo sufficiente che sia in grado di farlo, infatti, è da escludersi la rilevanza penale dell’alterazione grossolana, in quanto non idonea a poter trarre in inganno il giudice.
Cass. n. 23615/05: “Il delitto di frode processuale, reato di pericolo a consumazione anticipata, è integrato da qualsiasi immutazione artificiale dello stato dei luoghi o delle cose, commessa al fine di inquinare le fonti di prova o di ingannare il giudice nell’accertamento dei fatti. Costituendo tale finalità il dolo specifico e non un elemento oggettivo del reato, il fatto che il giudice non abbia ancora disposto l’assunzione del mezzo di prova non assume alcuna rilevanza ai fini della configurabilità del reato”.
Cass. n. 13645/98: “In tema di frode processuale, prevista dall’art. 374 c.p…pericolo che esiste invece ogni qual volta l’immutazione sia percepibile soltanto a un esame non superficiale e possa sfuggire a un occhio non particolarmente esperto”. (Fattispecie riguardante un immobile sul quale era stata disposta perizia per l’accertamento di vizi redibitori, derivanti da difetti dell’impianto idrico causativi di umidità nei muri, immobile del quale l’imputato aveva provveduto a ritinteggiare le pareti, così da occultare dette tracce, rilevabili solo da un occhio esperto e a seguito di attento esame).
Cass. n. 9075/85: “In tema di reati previsti dall’art. 374 c.p., l’assoluta inidoneità dell’immutazione dei luoghi a generare la frode processuale si verifica solo quando la condotta è talmente grossolana da rivelare ictu oculi l’artificio, sì da togliere qualsiasi potenzialità ingannatrice all’immutazione stessa con una valutazione da effettuare ex ante, in base agli strumenti apprestati o alla loro oggettiva capacità offensiva. Ne consegue che il compimento delle operazioni di ripristino e di ripulitura di un terreno agricolo in vista della coltivazione dello stesso, effettuate per contrastare lo stato di fatto presentato al sopralluogo dell’autorità giudiziaria in un procedimento di reintegra possessoria, peraltro consistente in una condizione di completa incoltura dell’area di terreno, configura l’elemento materiale del delitto de quo, essendo idoneo a far apparire, contrariamente alla realtà, che i terreni non erano in stato di abbandono, ma anzi preparati per le opportune colture”.
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