Quello della talidomide è un caso molto famoso, le cui conseguenze sono tutt’oggi oggetto di dibattito e controversie. Si tratta di un farmaco sviluppato e prodotto da un’azienda farmaceutica tedesca negli anni ’50 e ’60 come sedativo e contro la nausea; proprio per questo suo effetto terapeutico, venne prescritto con generosità alle donne in gravidanza. Purtroppo però, gli studi effettuati sulla sua sicurezza (maggiore rispetto, ad esempio, a quella dei barbiturici) non furono in grado di rilevare la sua teratogenicità, ovvero la capacità del farmaco di causare malformazioni del feto. Così, i figli delle donne che avevano assunto la talidomide nacquero con anomalie congenite dello sviluppo degli arti (in genere, focomelia), e il farmaco dovette essere ritirato dal mercato.
Quello della talidomide fu un però un caso che fece la storia, perché proprio grazie all’evidente palesarsi di questi eventi avversi, le autorità decisero di introdurre maggiori controlli sui medicinali, prima e dopo la loro commercializzazione. Nacque così la farmacovigilanza.
I primi furono gli Stati Uniti che, già dotati di un sistema di controllo (l’antenata dell’FDA), rifiutarono di autorizzare il farmaco nel loro mercato, varando norme rivoluzionarie per l’epoca. Queste norme stabilivano che per tutti i nuovi farmaci da autorizzare fosse dimostrata un’evidente efficacia a fronte di una necessaria sicurezza.
Il Giappone e i Paesi Europei seguirono a ruota, organizzando agenzie per i medicinali e istituendo controlli preliminari, ma dovettero passare diversi anni prima che l’idea di farmacovigilanza si affermasse. In Italia, ad esempio, la legge che stabilisce l’obbligatorietà della segnalazione spontanea fu introdotta nel 1987, ma solo molto tempo dopo si è cominciato a parlare di farmacovigilanza vera e propria.
Infatti, la sicurezza dei medicinali non passa solo attraverso una serie di studi che devono dimostrare, in soldoni, che il farmaco fa più bene che male; affinché la sua sicurezza sia continuamente monitorata è necessaria la collaborazione di medici e pazienti. “Segnalare”, ovvero riferire al proprio medico o farmacista gli effetti indesiderati che si ritengono collegati all’assunzione di un determinato medicinale ma che non si sono ritrovati nel foglietto illustrativo è proprio ciò che consente alle autorità di intervenire tempestivamente in caso di eventi gravi, come quello della talidomide.
Oggi il caso è parzialmente archiviato. La talidomide è ora registrata ed utilizzata per indicazioni completamente diverse – per il trattamento di alcuni tipi di tumore e malattie autoimmuni – e le vittime hanno ricevuto scuse ufficiali ed indennizzi da parte del produttore e delle autorità competenti in materia sanitaria. Non cala, invece, il sipario sulla sicurezza dei medicinali: l’uso, le indicazioni, le fasce di popolazioni da trattare, vengono continuamente aggiornate proprio grazie all’incessante lavoro di controllo della farmacovigilanza.