Fin da ragazzo, leggendo Come io vedo il mondo mi domandavo come sia stato possibile che uno scienziato abbia potuto creare un simile capolavoro letterario. In poche pagine si condensa un’esperienza di vita assolutamente straordinaria. Ma sembra davvero superfluo e banale esaltare il singolare acume con cui tutto il testo è vergato, dal momento che Einstein rappresenta, anche nella cultura di massa, l’apice e la manifestazione più rilevante del genio universale.
Ma la mia fascinazione di ragazzo per quel testo è sempre stata il motivo per cui periodicamente torno alla sua lettura, come fosse un vero amico al quale si è profondamente legati. In questo testo ho sempre scorto una difesa appassionata della libertà individuale, ma stesa in modo così preciso e commovente, così pacato e allo stesso tempo così profondamente umano, che la lettura di quei passaggi mi ha sempre commosso.
Una comunità sana rimane perciò legata tanto alla libertà degli individui quanto alla loro unione all’interno di una società. È stato detto, e con molta ragione, che la civiltà greco-europeo-americana, e in particolare il rifiorire della cultura col Rinascimento italiano, che subentrò alla stasi del Medio Evo in Europa, trovò il suo fondamento soprattutto nella libertà e nell’isolamento relativo dell’individuo.
Anche l’elogio dell’individuo di genio, della personalità creativa e geniale, lungi dal diventare in Einstein la riproposizione di un luogo comune, con tutta una tradizione letteraria, da Seneca, a Petrarca a Leopardi – solo per fare tre esempi tra gli innumerevoli possibili –, diventa viva testimonianza della sua condotta di vita, improntata alla modestia e alla semplicità.
In singolare contrasto col mio ardente senso di giustizia e di dovere sociale, non ho mai sentito la necessità di avvicinarmi agli uomini e alla società in generale. Sono proprio un cavallo che vuol tirare da solo: mai mi sono dato pienamente allo stato, né alla terra natale, né agli amici, e neppure ai congiunti più prossimi; anzi, ho sempre avuto, riguardo a questi legami, la netta sensazione di essere un estraneo, e ho sempre sentito un intimo bisogno di solitudine. E questa sensazione non fa che aumentare con gli anni.
Sento fortemente, ma senza rimpianto, di toccare il limite dell’intesa e dell’armonia con il prossimo. Certo, un uomo con un tale carattere perde una parte del suo candore e della sua serenità, ma ci guadagna una larga indipendenza rispetto alle opinioni, alle abitudini e ai giudizi dei suoi simili; né sarà tentato di stabilire il suo equilibrio su basi così malferme. […]
Mi rendo conto che le differenze di classe sociale non sono giustificate e che, in fin dei conti, trovano il loro fondamento nella prepotenza; ma ritengo anche che una vita modesta sia adatta a chiunque, e che essa possa essere di giovamento tanto al corpo quanto allo spirito.
Come si può notare, la difesa della propria individualità e della propria sensibilità creativa è percepita quasi fosse contrastante al suo “ardente senso di giustizia e di dovere sociale”. Questo a mio avviso è un aspetto interessante che dovrebbe in qualche modo essere indagato ulteriormente, per cogliere qualche carattere forse nascosto della sua personalità, o della sua biografia.
Nel breve paragrafo Ciascuno deve essere rispettato, Einstein espone il suo ideale democratico, improntato al rispetto (delle idee) e della personalità altrui:
Il mio ideale politico è l’ideale democratico. Ciascuno deve essere rispettato nella sua personalità e nessuno deve essere idolatrato. Per me l’elemento prezioso nell’ingranaggio dell’umanità non è lo Stato, bensì l’individuo creatore e sensibile; insomma la personalità. È questa sola che crea il nobile e il sublime, mentre la massa è stolida nel pensiero e limitata nei suoi sentimenti.
Verrebbe da chiedersi, forse un po’ polemicamente, quanto in effetti una società (non so quanto) ‘democratica’ come quella di oggi rispetti le convinzioni di ognuno, o le minoranze, o le idee non conformi a quelle della maggioranza. Se tutto si riducesse ad un discorso formale dovremmo vivere nel migliore dei mondi possibili, in cui la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e altri testi di diritto internazionale testimoniano del rispetto per l’individuo e per la sua dignità.
Ed è infatti lo stesso Einstein a dirci poco dopo quanto le cose non siano così meravigliose come appaiono sulla carta, nel capitoletto intitolato Decadimento della dignità umana :
I giornali di un Paese possono portare in sole due settimane la folla cieca e ignorante ad un tale stato di esasperazione e di esaltazione da indurre gli uomini ad indossare l’uniforme militare per uccidere e farsi uccidere allo scopo di permettere a ignoti affaristi di realizzare i loro ignobili piani.
Einstein scriveva questo mirabile testo nel 1934, ma oggi il suo ragionamento potrebbe essere esportato anche ad altri mezzi di comunicazione di massa, differenti dai giornali, quali TV, internet, social network di vario genere e così via. L’infiltrazione di questi strumenti capillari di condizionamento collettivo è purtroppo riuscita a penetrare anche in taluni contesti che dovrebbero ancora rappresentare un possibile argine a questo dilagare cieco di tali forme di condizionamento, come il mondo della cultura, della scuola, dell’università, e così via. Lo stesso Einstein infatti nel breve capitolo intitolato La Guerra, espone questa tesi in modo chiaro:
Eppure, nonostante tutto, io stimo tanto l’umanità da essere persuaso che questo fantasma malefico sarebbe da gran tempo sparito, se il buonsenso dei popoli non fosse sistematicamente corrotto per mezzo della scuola, della stampa, dagli speculatori del mondo politico e da quelli del mondo degli affari.
Queste considerazioni riguardo tali forme mediatiche di condizionamento – che Einstein collega al tema della guerra purtroppo ancora scottante in molte parti del mondo – potrebbero però, specie nel presente, essere fatte valere per un numero ingente di questioni. Mi verrebbe da pensare, sulla base di temi strettamente di attualità in Italia, ad un esempio recente ma alquanto significativo: la discussione sulla liceità del porre l’obbligo di vaccinazione per tutta una serie di gravi patologie. È stato un dibattito nel quale, a livello collettivo, in molti si sono sentiti in diritto di esprimere posizioni nette in merito – soprattutto sul web tramite piattaforme di social network – pur difettando in gran numero di quelle basilari competenze in campo medico che sono i requisiti minimi e indispensabili per poter partecipare ad un utile dibattito che richiede conoscenze molto complesse di genetica, chimica e biologia.
Purtroppo (per noi) tali predittive e profetiche parole del fisico tedesco non hanno perso la loro importanza e la loro forza di verità, e mi paiono più attuali che mai. E come per ogni opera che ha dato lustro all’umanità Come io vedo il mondo merita di essere letta e riletta, essendo a tutti gli effetti un classico della letteratura universale. Credo che simili uomini debbano essere un esempio per ognuno di noi, perché c’è bisogno di accostarsi con tanta umiltà a tali sublimi e inarrivabili opere dell’ingegno umano, e proprio mantenendo una propria capacità di rivendicare, talvolta in modo fermo, le proprie scelte di libertà, perché proprio la libertà – intesa nella sua accezione più sincera, più specifica e meno artefatta – è ciò che testi del genere mirano a suscitare nell’individuo. Einstein, in quanto sommo scienziato e uomo assurto alla massima gloria e popolarità a livello globale, deve ancora parlare ad ognuno di noi, non indicandoci un cammino preciso, perché appunto la libertà vuole essere mostrata, ma suggerendoci un habitus mentale, un’autonomia di riflessione, di spirito critico, che nella nostra società sembra quasi del tutto scomparsa in favore di un conformismo che diventa a volte solo un paravento rassicurante per nascondersi dalle forme più oppressive del controllo sociale.